Risulta ormai evidente che vi è una volontà del governo centrale e regionale, di chiudere e ridimensionare le strutture periferiche e disagiate, accentrare le attività in poche strutture denominate HUB o Spoke, senza valutare le conseguenze sulla salute pubblica e sul destino di un territorio. Con una visione MIOPE della Sanità, con il solo intento di ridurre la spesa sanitaria pubblica, si tagliano servizi e prestazioni ai cittadini. Decine di migliaia di calabresi, intraprendono i “viaggi della speranza” per curarsi in altre regioni, al costo di 275 milioni di euro solo nel 2016. In una regione ai primi posti, per emigrazione, disoccupazione giovanile, indebitamento e agl’ultimi per reddito pro-capite, investimenti produttivi e qualità della vita, con oltre il 90% di territorio collinare e montano, non si sceglie di salvaguardare le piccole realtà come le zone disagiate di montagna come quelle acrese. L’ospedale di area disagiata come il nostro merita un occhio di riguardo, mentre rischia seriamente di diventare una RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale). Non sono state ascoltate le nostre proposte e i suggerimenti per il rilancio del il nosocomio acrese, presentati al presidente Oliverio, al commissario Scura ed alla vecchia e nuova giunta comunale, non hanno ricevuto risposta. La nostra visione prevede un ospedale progettato e costruito per ospitare “reparti di ricovero”, non ambulatori come quelli di via Julia: questo non rappresenta una soluzione al ridimensionamento, ma solo un palliativo contro l’inesorabile destino. Nemmeno costruire delle piattaforme per l’elisoccorso, che peraltro sono necessarie, possono risolvere l’isolamento di Acri. In altre regioni la montagna viene rivaluta, in Calabria la si isola ancora di più! Ancora una volta, chiediamo di far ripartire la Chirurgia con attività multidisciplinari di intensità medio-bassa: si operi in week surgery, si attivino nuove branche chirurgiche come Oculistica, Ginecologia (menopausa, infertilità), Urologia, Dermatologia Oncologica, Otorino, Artroscopia Ortopedica, tutte specialità che mancano negli ospedali della nostra provincia. Discorso analogo per le branche della struttura complessa di Medicina, con l’apertura di ambulatori per la cura delle malattie del fegato e pancreas, malattie dismetaboliche, reumatologiche e oncologiche, anche in virtù del fatto che abbiamo già attivo un Day Hospital e con un ambulatorio di Oncologia di prossima (si spera) apertura. Perché non pensare ad un nuovo modello di ospedale che rispetti le peculiarità del territorio: uno “SPOKE DI MONTAGNA”. Invece di ragionare sui contenuti, la politica, i commissari e i vertici sanitari provinciali si fanno la “guerra”. Mentre la RM è di prossima “apertura”, frutto di politiche non certo attuali, l’atto aziendale, non viene attuato. Le unità ospedaliere in via di pensionamento non verranno sostituite. Nella vana attesa di un intervento delle autorità preposte e di “incatenamenti” vari, valutiamo, insieme ad altre associazioni e comitati presenti sul territorio regionale, il da farsi.
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