L’atto aziendale dell’ASP di Cosenza, approvato dalla struttura commissariale della regione Calabria, con DCA n° 110/2017, non risolve le criticità dell’ospedale di Acri. Il documento in pratica non cambia un bel nulla della situazione organizzativa attuale. Riesce addirittura peggiore del precedente: spariscono, infatti, il reparto di Lungodegenza e l’ambulatorio di Oncologia. Leggendolo, è palese la volontà che si voglia spostare i servizi sanitari dal nosocomio cittadino al territorio, in che modo non è dato saperlo. Viene addirittura tirato in ballo l’ospedale della sibaritide, del quale non vi è nemmeno l’ombra!
Conferma delle intenzioni dei vertici sanitari regionali e provinciali l’abbiamo avuta durante il consiglio comunale aperto del 4 settembre scorso. Il delegato politico regionale (Pacenza) e quello sanitario (Mauro), ognuno per la parte che è chiamato a recitare, hanno dato risposte per nulla tranquillizzanti alle richieste dei cittadini.
Qualcuno in consiglio, cercando di tranquillizzare la popolazione, ha affermato che la dipendenza dell’ospedale di Acri dallo spoke Corigliano-Rossano sarà solo “formale”. Tanto formale che il direttore sanitario ha già messo le mani avanti dicendo che la struttura ospedaliera acrese è “fatiscente”, con tanto di report fotografico, ed inoltre che il personale è in “esubero” rispetto ai posti disponibili. Quindi c’è poco ad stare tranquilli!
I calabresi, sono vittime del piano di rientro, architettato in una notte di agosto del 2008, che in oltre 8 anni di commissariamento, ha provocato il depotenziamento o la chiusura di strutture periferiche e il sovraccarico di strutture sanitarie centrali. Si è assistito all’aumento dell’emigrazione sanitaria, con pronto soccorso al collasso e l’incertezza per i cittadini di non essere curati adeguatamente.
L’economia cittadina ha risentito pesantemente del depotenziamento dall’ospedale di Acri. E’ assurdo pensare che per trattare alcune patologie, che prima venivano affrontate egregiamente all’ospedale di Acri, si debba invece “emigrare” in altre realtà. Il Sistema Sanitario Regionale e il regime commissariale hanno fallito!
Il presidente Oliverio, se volesse, potrebbe mettere fine a tutto questo, in base alla L. 191/2009 art.1 comma 88: “…E’ fatta salva la possibilità per la regione di presentare un nuovo piano di rientro ai sensi della disciplina recata dal presente articolo. A seguito dell’approvazione del nuovo piano cessano i commissariamenti,…”.
In consiglio comunale abbiamo chiesto che vengano potenziati, in tempi brevi, i servizi dell’emergenza-urgenza, che vengano garantiti gli interventi chirurgia in week surgery, con attività di chirurgia di media-bassa entità, aperta la RM e la Lungodegenza. Abbiamo chiesto, anche, la copertura di tutti i posti previsti nel DCA 64/2016, in parte autorizzati con i decreti 111, 112 e 113 del 2017. Nella nostra proposta operativa per il rilancio del P.O. acrese, presentata al presidente del consiglio comunale di Acri, al commissario Scura e al presidente Oliverio, proponiamo un nuovo modello organizzativo per gli ospedali di zona disagiata, che tenga conto delle peculiarità proprie della montagna, concedendo loro l’autonomia gestionale necessaria. In altre regioni la montagna è stata rivalutata, addirittura riaprendo i punti nascita anche con meno di 250 parti annui! La scelta è stata quella di investire e non tagliare, perché non farlo anche in Calabria? Una nuova tipologia di ospedale poterebbe essere uno SPOKE DI MONTAGNA MULTIDISCIPLINARE, insieme a San Giovanni in Fiore. Noi non chiediamo la Luna, ma una struttura sanitaria che faccia fronte all’emergenza-urgenza e che deve poter accogliere la domanda di servizi dei territori limitrofi.
La politica stia al fianco dei cittadini, altrimenti si dovranno percorrere altre vie per la difesa del diritto alla salute.
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